Sudan: violenza al Sud

Gli scontri nel Kordofan Meridionale e in altre aree del Paese mettono a dura prova la transizione democratica: niente di fatto nei negoziati con i ribelli

Giorni di scontri intensi hanno portato alla morte di almeno 30 persone a Kadugli, capoluogo del Kordofan Meridionale, la Regione Sudanese, sede di una lunga ribellione antigovernativa. La Regione, dall’enorme potenziale petrolifero, chiede da anni, senza successo, l’indipendenza dal Sudan. I combattimenti sono scoppiati questa settimana tra residenti armati in un mercato nella città di Kadugli.

Le autorità locali hanno accusato un “gruppo fuorilegge” per la violenza ed è stato predisposto un blocco completo di tre giorni nel tentativo di ristabilire la pace. Secondo quanto riportato dal sito dell’emittente locale Dabanga, domani, i comandanti delle forze armate del Sudan (Saf), le autorità del Kordofan Meridionale e i leader della comunità dovrebbero firmare una tregua. Il governo ha anche chiesto alle persone che sono fuggite dalle loro case di rientrare. La fazione del Sudan People’s Liberation Movement-North sotto la guida di Abdelaziz El Hilu (Splm-N El Hilu) ha invitato le comunità in guerra a Kadugli a ricorrere a metodi pacifici per risolvere i problemi tra di loro. Ammar Daldoum, segretario generale della Splm-N El Hilu ha dichiarato che i combattimenti a Kadugli “sono stati il ​​risultato naturale della diffusione di armi tra i civili, della militarizzazione della società e della continua presenza di milizie” nella regione. “L’escalation della violenza in Kadugli in questo modo è causata dall’incapacità del governo statale di svolgere il proprio ruolo nel contenere la situazione e risolvere i conflitti con mezzi pacifici noti”. Daldoum ritiene inoltre che il governo di transizione del Sudan sia responsabile della recente violenza e che i combattimenti sarebbero “un’indicazione della collusione dello stato con il gruppo di aggressori e la sua incapacità di risolvere legalmente il problema con il quale queste disastrose conseguenze sarebbero state evitate”.

Alla violenza ‘tribale’ si aggiungono anche altri episodi di sangue. Un portavoce delle paramilitari Rapid Support Forces (Rsf) Gamal Ammer, ha dichiarato che almeno nove dei loro membri sono stati uccisi. La forza paramilitare, nota anche come milizie Janjaweed, sono ampiamente sospettati di essere coinvolti in crimini di guerra nel conflitto del Darfur. Inoltre, la scorsa settimana, sono stati registrati scontri tribali anche nelle province del Sud Darfur e Kassala che hanno causato la morte di almeno 70 persone e altrettanti feriti.

Secondo gli osservatori la violenza della Regione indica l’instabilità del Sudan e mette in difficoltà la transizione democratica, instaurata dopo il rovesciamento da parte del militari del dittatore Omar Al Bashir dopo mesi di proteste di piazza. Parte dell’accordo che ha portato al governo di transizione consisteva nel raggiungere una soluzione pacifica alle ribellioni nelle regioni occidentali del Darfur e Kordofan e nel Nilo Azzurro, a Sud della capitale Khartum. Secondo quanto riportato dalla rivista Africa, nonostante vadano avanti da mesi negoziati non è stato ancora raggiunto un accordo a causa della mancata partecipazione al tavolo delle trattative di alcune sigle ribelli. Altre questioni spinose sul tavolo sono poi il disarmo dei ribelli e il loro reintegro nelle forze armate.

di Red. Al/Pi.

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