Ucraina, la corsa di Zelensky

Portare a casa la pace con la Russia sulla questione Donbass si dimostra tutt'altro che facile

di Raffaele Crocco

L’accordo, sulla carta, è lì a portata di mano. Nella realtà, per il neo eletto presidente ucraino Zelensky portare a casa la pace con la Russia sulla questione Donbass sarà tutt’altro che facile. Gli oppositori all’accordo sono tanti: interni, cioè la destra più fascista e reazionaria, ed esterni, i governi delle autoproclamate repubbliche indipendentiste. Andiamo con ordine: in ottobre l’ennesimo incontro fra le delegazioni ucraine e russe pareva aver dato buoni frutti, con la sigla congiunta della cosiddetta «Formula Steinmeier», pensata per arrivare a rendere reali gli ormai lontani accordi di pace di Minsk per il Donbass, firmati nel 2016 e rimasti totalmente disattesi.

La formula ripropone una proposta immaginata nel 2015 dall’allora ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier. E’ un percorso di pace a più fasi: all’inizio dovrebbero esserci le elezioni a Lugansk e Donetsk, vale a dire nelle autoproclamate repubbliche, sotto controllo Osce. Poi, ci sarebbe una riforma costituzionale, votata dalla Rada – il parlamento ucraino – sull’autonomia delle due regioni. A quel punto, arriverebbe l’eliminazione parziale delle sanzioni alla Russia.

Zelensky nel giorno dell’insediamento nel maggio 2019

Si tratta, quindi, della rinuncia all’indipendenza per i due territori, in cambio di una forte autonomia. Zelensky nel presentare la proposta ha sostenuto che «non ci sarà alcun cedimento e non ci sarà alcuna amnistia» per i combattenti delle repubbliche ribelli e che si tratta di una vittoria, dato che formalmente il territorio ucraino resta tale, senza cessioni. Gli osservatori dicono che in realtà si tratta solo di una cortina fumogena, non certo di una squillante vittoria diplomatica.

Lui, Zelensky, ha in mente di procedere a tappe forze. La guerra è già costata troppo, in termini di vite umane – si parla di almeno 13mila morti – e di risorse finanziarie, con l’economia ucraina bloccata da sanzioni e necessità di riarmarsi. Vorrebbe una riunione del Formato Normandia – il gruppo informale che ha lavorato alla pace sin dal 2015, composto da Russia, Ucraina, Francia e Germania – entro novembre. Poi, lo scambio di tutti i restanti prigionieri prima di Natale e le elezioni nelle autoproclamate repubbliche all’inizio del 2020. A quel punto. a giugno 2020, per il 75esimo anniversario della fine della seconda guerra mondiale, in occasione dell’incontro fra Macron e Putin a Mosca, verrebbe annunciato l’alleviamento delle sanzioni e delle contro-sanzioni.

Tutto facile? Solo sulla carta. I gruppi fascisti e nazionalisti ucraini hanno annunciato manifestazioni di piazza ad oltranza, parlando di Zelensky come di un “traditore dei caduti per la patria”. Contemporaneamente, i dirigenti delle autoproclamate repubbliche non sembrano aver voglia di rinunciare ai sogni separatisti e boicottano l’idea di ottenere una larga autonomia all’interno di uno stato federale. Per prendere tempo, dicono che Kiev non sta rispettando gli accordi nella liberazione dei prigionieri. Un vero caos. No, non sarà facile per Zelensky portare a casa un accordo di pace.

In copertina uno scatto di Manu Brabo, finalista al nostro concorso fotografico Wars. E’ un fotoreporter freelance il cui lavoro si con-
centra sui conflitti sociali in tutto il mondo. Dal 2007 lavora sugli sconvolgimenti politici, rivolte e guerre in Paesi come Haiti, Honduras, Kosovo, Libia, Egitto, Siria e Ucraina da cui è appunto tratta questa immagine drammatica scattata nelle regioni contese.

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