Ucraina/Russia 610 giorni. Il punto

La guerra in Europa continua nonostante il nuovo conflitto a Gaza

di Raffaele Crocco

Si combatte ovunque. Le notizie della lotta filtrano confuse, incerte, senza dare un quadro esatto della situazione. Sono passati 610 giorni dall’invasione russa dell’Ucraina e si continua a morire al fronte e nelle città.  Si lotta sul mare. I russi in settimana hanno intercettato tre droni navali, nel Mar Nero. In azione anche i sabotatori ucraini, che hanno tentato di colpire delle installazioni russe a Sebastopoli, in Crimea. La penisola continua ad essere tenuta sotto pressione dalle forze armate di Kiev, che non ha alcuna intenzione di mollare la presa e lasciare la penisola nelle mani di Mosca.

Ad Est, nella zona di Avdiivka, sono i russi all’offensiva. Unità dell’élite e gruppi d’assalto – questi sono formati da ex carcerati – continuano ad attaccare, con l’obiettivo apparente di distrarre gli ucraini dalla controffensiva che hanno lanciato a sud del Paese. Una tattica che sta costando migliaia di vite, dicono gli osservatori. Nel frattempo, le artiglierie continuano a sparare, quelle russe in modo forsennato, le ucraine in maniera più mirata, risparmiando i colpi. Operazione, questa del risparmio, indispensabile, perché all’orizzonte si affacciano problemi nella fornitura di munizioni a Kiev da parte degli europei. Le scorte negli arsenali dei singoli Paesi sarebbero quasi esaurite e la produzione industriale è più lenta delle necessità della guerra. In ogni modo, Kiev dice che i reparti stanno tenendo le posizioni, ma la pressione pare aumentare di ora in ora. Ad Avidiivka i russi stanno tentando l’accerchiamento. La pressione sull’esercito ucraino sarebbe molto pesante, con battaglie cruente a Kupiansk, un importante snodo ferroviario, a Lyman, a Bakhmut e Mariinka.

Contemporaneamente, Mosca è all’offensiva più a Sud, lungo il fiume Dnipro. L’obiettivo sarebbe neutralizzare la presenza ucraina lungo la riva sinistra del fiume, ma Kiev, anche qui, dice che l’esercito ha conquistato per la prima volta una postazione in territorio occupato dai russi, che non a caso stanno martellando l’area – e l’intera sponda del fiume – con l’artiglieria.

In questo quadro, anche i civili continuano ad essere colpiti pesantemente. Nell’area di Kherson i russi hanno bombardato con bombe aeree teleguidate e nelle esplosioni è morto un ragazzo di 13 anni, mentre molti altri civili sono rimasti feriti. Nella regione è in corso una “evacuazione obbligatoria” di almeno 800 bambini, con l’obiettivo di portarli in aree più sicure. Secondo gli osservatori, i russi hanno ripreso i bombardamenti ad infrastrutture e centrali elettriche e idriche. Lo fanno sapendo nell’inverno, le temperature sono scese già di molto. Vogliono che questo sia, per gli ucraini che resistono, un inverno ancora duro, freddo, di sofferenza, nella speranza di indebolirli e convincerli a dire basta alla guerra.

Difficile che accada. La determinazione a resistere ai russi resta alta e diffusa. Resta da capire, se gli alleati europei e statunitensi continueranno a garantire il flusso di armi e munizioni. L’Australia ha annunciato un’altra fornitura, ma la Slovacchia ha ,invece, resa pubblica la decisione di fra cessare da subito le forniture militari, garantendo solo gli aiuti di tipo umanitario. Contemporaneamente, il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha incontrato il suo omologo ungherese Peter Szijjarto a Minsk. L’occasione è stata la conferenza internazionale “Sicurezza eurasiatica: realtà e prospettive in un mondo in trasformazione”. Un nuovo incontro ufficiale fra i rappresentanti dei due governi, dopo che il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, era diventato il primo leader europeo ad incontrare e stringere la mano al presidente russo, Vladimir Putin. Era accaduto durante il congresso sulla Via della seta organizzato da Pechino. Un gesto che aveva colpito le cancellerie dell’Unione Europea e che pare nascondere le prime crepe nel muro anti russo eretto proprio dagli europei all’inizio dell’invasione.

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