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Vienna prima di Vilnius. La pace prima della guerra

di Laura Tussi

In Lituania, a Vilnius il 12 luglio 2023 si terrà la conferenza tra le nazioni Nato per decidere su diverse questioni tra cui lo status dell’Ucraina. E’ il motivo per cui il 10 e l’11 giugno a Vienna il Movimento internazionale per la pace si incontrerà mentre il movimento pacifista femminile manifesterà davanti alla sede Nato a Bruxelles l’8 e il 9 luglio.

Sono già oltre 400 i partecipanti in presenza registrati per il Vertice Internazionale dei Popoli per la Pace in Ucraina in programma a Vienna il 10 e l’11 giugno. E’ un incontro promosso dalla società civile internazionale per definire un contributo “dal basso” a percorsi di pacificazione, partendo da una forte richiesta di “cessate il fuoco” che sfoci in negoziati concreti e condivisi. Anche la coalizione italiana “Europe For Peace”, composta da circa 600 organizzazioni è tra i promotori del Vertice di Vienna il cui gruppo promotore comprende l’International Peace Bureau (Premio Nobel per la Pace 1910), Codepink, la World Assembly of Struggles and Resistances of the World Social Forum, Transform! Europe, l’International Fellowship of Reconciliation, la Peace in Ukraine Coalition, e la Campaign for Peace Disarmament and Common Security.

«L’obiettivo principale del Vertice di Pace (che ha come titolo “Peace by Peaceful means – Se vuoi la Pace costruisci la Pace”) è – ricorda una nota di Rete italiana pace disarmo – di concordare e diffondere un appello urgente globale, una Dichiarazione di Vienna per la Pace, che che inviterà i leader politici ad agire in sostegno di un cessate il fuoco e di negoziati in Ucraina». Una pace messa a rischio dla possibile utilizzo dell’arma nucleare, se, per esempio, Putin – sentendosi con le spalle al muro si sentisse costretto e legittimato a utilizzare l’uso delle armi nucleari, Armageddon nucleare che potrebbe iniziare con il lancio dei missili a media gittata con tutte le conseguenze che ciò comporterebbe: dalla morte al diffondersi delle radiazioni in tutto il globo, all’abbassamento repentino delle temperature fino a arrivare all’annientamento di tutte le forme di vita.

Torna così di stretta attualità l’impegno di ICAN, il Premio Nobel per la pace 2017 nato dalla battaglia contro l’arma nucleare. La proibizione giuridica delle armi nucleari, votata da una Conferenza ONU, il 7 luglio 2017, è una importante conquista, da considerare quasi “storica”, dal punto di vista del movimento pacifista mondiale. Ma è solo una tappa verso la eliminazione di tali mostruosi ordigni, che richiede un ulteriore e non facile cammino, da orientare con una strategia intelligente e complessa.

Un altro passo è stata l’assegnazione all’International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (ICAN) del Nobel per la Pace, un riconoscimento a coloro che, in tutto il mondo, si sono impegnati da lungo tempo, e in particolare dalla nascita dell’Iniziativa Umanitaria (Oslo 2013), per l’eliminazione delle armi nucleari, e chiama tutti noi a unificare i nostri sforzi, al di là delle legittime e anche importanti differenze tra le organizzazioni della società civile, che rimangono una ricchezza, non un limite.

Beatrice Fihn, direttrice esecutiva di ICAN, che è andata a ritirare il premio a Oslo il 10 dicembre 2017, ha dichiarato: «Every single partner organisation owns this prize and we all need to use it to maximize the impact of our organisations work on the ban treaty» (“Ogni singola organizzazione partner possiede questo premio e tutti dobbiamo usarlo per massimizzare l’impatto del lavoro delle nostre organizzazioni sul trattato di divieto”). Un autentico Premio Nobel per la pace umanitario e umanistico: plurimo e collettivo. Una vera svolta per il mondo pacifista e per i destini dell’umanità intera.

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